Monday, July 26, 2010

Mr B - Pater et filius

Quattro anni, e non ci sei più. Te ne sei andato in un giorno torrido, attorno alle otto e mezzo di sera. Estate, c'era ancora la luce del tramonto, mentre le cicale cantavano tutto il santo giorno sugli alberi, e per tanti giorni non le avevo nemmeno notate. Poi le ho odiate, pensando a quei giorni senza inizio nè fine per te, recluso in quel luogo senza tempo, senza ritorno... E alla fine ho imparato ad accettarle, quasi mi ci ero affezionato. Incredibile. Oggi, da tanti giorni, le stesse cicale continuano a cantare sotto la mia casa, mentre scrivo, mentre penso, mentre vivo.


Alla fine ho accettato le cicale, dicevo. Penso spesso alla fine: è un concetto che non mi appartiene, che non capisco, che non vorrei accettare proprio in nessun modo. Per me le cose della vita accadono, vanno, vengono, come le nuvole nel cielo. Un po' come se la vita fosse un dato di fatto. Le nuvole, come le cose della vita, si formano ed "iniziano" per caso, ce ne sono sempre (almeno nel mio cielo ideale, che non è quello tipicamente italico estivo), si scontrano, si sovrappongono, scompaiono senza che io me ne accorga. Ma ce ne sono sempre altre, pronte ad arrivare, a ripartire, a tenerti allenato.


Poi arrivano i temporali, che ti allontanano per un po' dall'azzurro del cielo, ma non dal cielo, quello c'è sempre, là sotto (o là sopra, dipende dai punti di vista). I temporali che squarciano il cielo, e spazzano via le nuvole, le scuotono, le rivoltano in tutti i modi. Ed è come quando ci si vedeva meno, per via della vita, del lavoro, degli eventi che scorrevano senza che ce ne accorgessimo. Ma c'era poi sempre il momento in cui le nuvolette tornavano allegre, e tornava il cielo azzurro. E si tornava insieme, per poche ore: una cena improvvisata sui colli, un pranzo domenicale nell'amata casa, due chiacchiere al telefono parlando del più e del meno, o delle ultime uscite di Andreotti. Che tempi, che temporali. Che belle dolci schiarite! Alla fine (che non c'era, appunto), tu c'eri sempre... sapevo che potevo contare su di te, sul tuo caratterino, sul tuo sorriso, sulla tua voce, sul tuo affetto non detto, ma dimostrato. Sulla tua dolcezza, che mi hai insegnato, e sulle tue poche e semplici parole di conforto. Tante volte anche solo di distrazione.


Odio la fine, e non so se questo "esperimento" l'avrà. O forse... proprio la Storia mi insegnerà che la fine non c'è mai - come ho sempre pensato, e sperato - e quindi siamo solo noi che la vediamo, anzi la vogliamo vedere, come per confermare a noi stessi che non ne siamo parte, finchè siamo vivi.


Mi piace illudermi di sapere come avresti letto questo "esperimento", mi sembra di sentire i tuoi commenti, la voce pacata. Mi illudo che ti sarebbe piaciuto molto scoprirlo, leggerlo, discuterne: magari avresti detto sorridendo che ho "preso spunto qua e là" (per non dire "copiato", certo!), "come del resto fanno un po' tutti... se scrive libri Bruno Vespa!!!", che è "un'idea originale", che "alla fine, dopo tanto lavorare coi computer, guarda un po' che sorpresa!"...


Sono certo che i miei ricordi di te nessuno mai potrà togliermeli, per questo la fine di te è un po' meno amara: tutto questo è un piccolissimo omaggio che ti faccio, che rimarrà nella rete per chissà quanti decenni. Quella rete che avevi imparato ad usare, in cui io sono cresciuto, dove tutto scorre senza pietà.


Magari quando il mio "esperimento" diventerà un romanzo di carta (alla faccia dell'iPad e degli e-book!), e ne terrò una copia per te, da portarti, prima o poi.


O magari mi sorprenderai, e verrai a prenderla tu, portandoci qualche buona notizia da laggiù. Quel che è certo, è che ti stai godendo i miei amati cieli, i bei paesaggi di montagna che abbiamo condiviso negli ultimi anni, la calma e il riposo che non hai avuto negli ultimi mesi.


E il tuo sorriso dolce è e sarà sempre con me. Papà.

1 comment:

Anonymous said...

stavo sdraiata sul bordo della piscina e guardavo appunto le nuvole...erano così vicine che mi pareva quasi di toccarle