Tuesday, December 07, 2010

Something beautiful - 23

"DAD, Signori" confermò Clémence, senza che ce ne fosse stato bisogno: lo sapeva anche lei, ma voleva sottolineare il particolare della malattia, del Male, importante per le comunicazioni che stava per fare. "Signori, questa non è la comunicazione per cui vi ho chiamati a raccolta. E' solo un incidentale dettaglio, tra i tanti che mi hanno portato alle mie recenti decisioni, per le quali siamo qui. E per le quali cambieremo le Regole del Verbo...".


Tutti i membri del Gran Consiglio erano a conoscenza della "natura" di Clémence... era una donna, lo avevano sempre saputo. Era la prima ed unica donna al vertice dei Messaggeri del Verbo, sino ad allora. Clémence era salita al vertice dell'organizzazione grazie alla designazione ottenuta dal suo predecessore: come era avvenuto nelle cinque precedenti designazioni, fin dai tempi di Bernard, colui che per primo si fece nominare Grande Messaggero del Verbo nel 970 PS dai membri dell'allora loggia segreta dei Confratelli della Parola Sacra, il passaggio del testimone ai vertici avveniva per nomina, attraverso la consegna della Chiave Sacra. Bernard delineò le prime regole dell'organizzazione, istituendo il nuovo nome dei Messaggeri del Verbo, definendo il primo livello gerarchico per distribuire meglio i compiti all'interno del gruppo di comando; nonostante questo le decisioni definitive restavano sempre e solamente nelle mani del Sacerdote Supremo. A Bernard seguirono poi Srikanth, Artur, Mikael, Jaap e Louis, ognuno dei quali affinò gradualmente le regole dell'organizzazione e della suddivisione delle responsabilità, fino ad arrivare alla rigida gerarchia introdotta da Clémence. Fino ad allora, però, il punto cardine dell'organizzazione era definito nelle regole non scritte, prima fra tutte la necessità di non possedere alcuna ricchezza, nè personale, nè dell'organizzazione. Questo doveva portare alla liberazione della mente da qualunque desiderio di sopraffazione sugli altri membri del Popolo, ed anzi aiutare la promozione della condivisione del bene, il tutto attraverso la diffusione del Verbo e la pratica continua della preghiera. La Seconda Regola prevedeva che la triade composta dal Supremo e dai due Vicari Operativi fossero in completa simbiosi: le decisioni definitive spettavano sempre e comunque al Supremo, ma i due Vicari avevano potere di Consiglio ed Illuminazione, potevano opporsi alle decisioni del Supremo, ma dovevano accettarne ogni scelta. La Terza Regola imponeva la Preghiera ed il Canto come uniche forme di riflessione e meditazione, in solitudine ed in comunità. La Quarta Regola era il cardine di tutto: mai disobbedire alle prime tre regole.


"Voi tutti conoscete le parole del Verbo, quelle che i nostri padri e le nostre madri ci hanno tramandato... E' così?". Il silenzio fu rotto da un coro all'unisono "Sì, Clémence!".
"Ebbene... ho la certezza che qualcosa di bello stia per avvenire nei nostri mondi... Tre uomini bianchi verranno presto alla luce, nelle remote province dell'Universo. Uno di loro formulerà l'Enigma, un altro lo risolverà... il terzo ne farà buon uso... per il bene dell'Umanità intera. Per sconfiggere il Male. E' per questo, Signori, che siamo qui: la nostra missione è quella di permettere che tutto ciò si compia. Di troppi pericoli è oggi pieno l'Universo, il Comitato conosce la nostra esistenza, anche se crediamo che non sappia dove ci troviamo e chi siamo... o forse nutre sospetti su qualcuno di noi. Non conosce il cuore dell'Organizzazione... ma i suoi servizi segreti potrebbero essere infiltrati e vicini. Pertanto da oggi la Seconda Regola sarà cambiata...". Estrasse da una tasca esterna laterale dell'abito una ciondolo a forma di quadrato, ogni lato poco più lungo di una falange; i colori all'interno del profilo erano cangianti tra rosso, giallo, verde e blu, e sui vertici erano incastonate quattro pietre preziose che luccicavano nel buio. Nessuno aveva mai visto quel diadema, tanto che al suo sfavillare nell'ombra si sentì un gemito diffuso di ammirazione...


"La Chiave Sacra... forse è giunta l'ora..." pensò Georgyu rincuorato, tra sè e sè.


"Peter... avvicinati..." disse Clémence puntando lo sguardo fisso verso l'infinito. Peter tremava, ed a queste parole non trovò la forza nè per alzarsi, nè tantomeno per dire una parola. Dopo alcuni istanti, vedendo che Peter non si muoveva, Clémence diresse lo sguardo verso di lui e gli si mosse incontro, riprendendo il discorso: "Da oggi, e per sempre, l'Organizzazione sarà una ed una sola: il Supremo si chiamerà Clemente, i due Vicari saranno Piotr e Gyorgy, e così i cinque Gerarchi Superiori saranno d'ora in avanti e sempre Hans, Vinh, Jude, Jean e Anish. Cambieranno le persone, ma non cambieranno i nomi, nè i ruoli. Questo vuole il Verbo. Vivi e lascia morire... vivi... e lascia morire...". Raggiunse Peter, gli pose la mano destra sul capo, e continuò: "La Seconda Regola non finisce qui: dobbiamo difenderci, Signori. Saremo obiettivo di battaglie ed imboscate per annientarci... per questo l'apparenza dovrà ingannare i nostri nemici. Le Regole apparenti saranno le solite... ma il vero comando ed ogni decisione saranno nelle mani di una persona sola, e non sarà più Clemente... Piotr", e con un gesto sul capo di Peter lo fece alzare in piedi. "Signori, la Chiave Sacra passa di mano, e sarà sempre e comunque la prova concreta di chi ha l'ultima parola su tutto ciò che riguarda la nostra Organizzazione intera". Con una serie di movimenti delle mani Clémence... Clemente... ruotò il diadema sulla fronte di Peter... Piotr... Continuando a pregare, terminò il rito, al termine del quale la Chiave Sacra scomparve tra le pieghe della veste di Piotr.


"Sia fatta la volontà del Verbo", disse maestosamente Clemente.


"Sia fatta la volontà del Verbo", rispose Piotr all'unisono con tutti i presenti.


"Vivi... e lascia morire", sospirò sottovoce Clemente, poi si dileguò nell'ombra, mentre i visi dei Gerarchi rimanevano attoniti ad ammirare Piotr, il loro nuovo, vero capo.

Saturday, December 04, 2010

Heal the world - 22

"Il Gran Consiglio è riunito!" esclamò Clémence a gran voce, di fronte al Tavolo del Verbo, attorno al quale sedevano tutti i membri convocati. "Giorno duecentosettantaduesimo dell'anno 1140 PS, era dell'Albicocco!". Fece una lunga pausa, poi riprese: "Signori... siamo qui riuniti per una comunicazione di estrema importanza che Clémence ha da fare all'intero popolo del Verbo. Come sapete, noi siamo i portatori della Verità nei mondi conosciuti, siamo coloro che libereranno i mondi conosciuti dal Male che li avviluppa, e guariremo il mondo... tutti i mondi, i nostri mondi, dalla malattia. Ma ogni cosa a suo tempo, Signori... Sappiamo che il cammino verso la liberazione dal Male sarà ancora molto, molto lungo... Viviamo tempi difficili, sappiamo tutti che nessuno di noi è immortale nelle carni. Ma sappiamo anche che un modo per rendere immortale l'intera Umanità è quello di perpetuare nel tempo il nostro credo, le nostre speranze, le nostre tradizioni, il nostro spirito elevato al Verbo. Il Verbo è l'unica via per la Salvezza, Signori. Il Verbo, come lo conosciamo sin dai tempi dei nostri padri e dalle nostre madri, come è stato tramandato dai nostri avi sin dalle sue origini... circa 200 anni fa..."
Un'altra lunga pausa... e ricominciò a parlare: "Il Verbo che abbiamo conosciuto fino ad oggi... Signori... da domani... non sarà più lo stesso... il Verbo è destinato a cambiare. Dobbiamo... cambiarlo... noi!"


Un vociare rumoroso prese il sopravvento... i presenti iniziarono a confabulare a gruppi di due, tre persone, commentando sorpresi ed agitati le parole appena proferite da Clémence. Ma Clémence non si scompose e ricominciò: "Signori, un momento. So che questa mia comunicazione giunge inattesa alle vostre menti ed ai vostri cuori. Ma il cuore non vacilli, siate fermi nella preghiera e seguitemi. E prima di proseguire, chiedo a tutti un momento di riflessione, definitivo... se il vostro cuore, di fronte a queste mie prossime parole, vacillerà, vi prego di spogliarvi delle vesti di Messaggeri del Verbo, e lasciare immediatamente il Gran Consiglio. Nessuno sarà punito, ma abbiamo l'obbligo di restare uniti. Per il bene del futuro e dell'Umanità intera. Ora preghiamo...", chinò lievemente il capo in avanti, unì le mani - che erano coperte da spessi guanti bianchi - davanti al petto e chiuse gli occhi in preghiera. Lo stesso fecero tutti.


Passarono alcuni minuti nel silenzio assoluto, poi Clémence riaprì gli occhi, scosse le mani in un tremito come a sciogliere le giunture dei polsi, rialzò il viso e guardando, come sempre faceva, verso un punto lontano oltre un orizzonte indefinito, riprese il discorso: "Signori...", lentamente, molto lentamente, sfilò il guanto destro usando goffamente la mano sinistra. Comparvero le dita orribilmente deformate e di colore violaceo...


"Sono malata".

Wednesday, November 24, 2010

Cast no shadow - 21

La sistemazione per quella notte si trovava a poca distanza dall'obiettivo della loro ultima missione: il Maestro Fyodor aveva programmato ogni singolo passo di quel viaggio, e quella notte l'avrebbero passata su Metis, tra i satelliti di Jupiter il più vicino al pianeta, detto il Gigante Gassoso. La sistemazione scelta era all'interno dell'antico complesso industriale di estrazione del plutonio, le cui origini risalivano ai primi decenni del secondo millennio PS. Agli inizi del 1900 PS, una grande operazione di recupero e ristrutturazione immobiliare aveva riportato in vita quasi tutti i complessi abitativi costruiti originariamente dai primi pionieri ed estrattori, lì insediati durante la cosiddetta "febbre del plutonio": i nuovi complessi residenziali erano un insieme di enormi torri in vetroresina molecolare, di altezze diverse, ove la più bassa raggiungeva i 750 metri. Questo materiale innovativo permetteva di rendere trasparente l'intera costruzione, quasi come se fosse invisibile, solo scontornato contro la luce del sole, che generava giochi di colori evanescenti, ed accentuava bordi e spigoli, rendendo praticamente invisibile il resto della costruzione e persino i suoi contenuti. Nessuna delle torri era quindi realmente visibile, e non gettava alcuna ombra al suolo, nelle rare giornate di sole. Ai confini della provincia il luogo veniva spesso denominato "Nessunposto", con toni solitamente sarcastici, poichè rappresentava luoghi remoti dove nessuno si fermava più di qualche giorno.
La visione del paesaggio dall'orbita di navigazione era spettacolare da togliere il fiato, e ricordava quegli schizzi dei disegni fatti millenni prima a mano con il lapis - quello strano antico strumento di scrittura - su carta gialla dagli antichi disegnatori terrestri come Leonardo da Vinci.


Quella notte il Maestro Fyodor e Yarki avevano riservato una stanza al dormitorio municipale di Metis, compreso tra le due torri più alte del complesso di Nessunposto: due stanzette modeste, il cui unico arredamento erano un piccolo letto ed una poltrona da studio. Il viaggio fino ad allora era andato bene, senza alcun intoppo: si stavano muovendo con i mezzi pubblici dove possibile, alternandoli a mezzi di fortuna e raccogliendo un passaggio sui mezzi dei commercianti in transito tra le varie province e pianeti. Il tragitto era stato disegnato meticolosamente, apposta per lasciare le giuste tracce nel caso qualcuno li stesse pedinando: dovevano comparire come due membri dell'organizzazione dei Messaggeri del Verbo: Yarki, giovane, era un semplice membro del Plotone della Salvezza, mentre il Maestro Fyodor era un Gerarca Inferiore, non foss'altro che per la sua avanzata età non poteva risultare ad un livello più basso di questo.
Il copione prevedeva che Fyodor fosse uno dei Maestri Venerabili, gli istruttori del Verbo che venivano periodicamente incaricati di portare in giro i giovani allievi per illustrare loro gli insegnamenti del Verbo, appunto. Lo stesso copione prevedeva che questo fosse il loro viaggio di ritorno da una missione alle remote porte del pianeta Terra.


"Maestro, la mia fede nella scienza vacilla. Troppe sono state le energie dedicate a trasformarmi in un sacerdote" - sottolineò volutamente la parola quasi come se gli desse un senso di ribrezzo - "... so di non esserlo, nel mio profondo... ma una parte di me vorrebbe quasi credere al Verbo, oramai..."
"Ora tu sei un Messaggero del Verbo, Yarki. Devi esserlo, fino in fondo... di questo ne sono certo... non c'è più spazio per due vite. La nostra vita ora è il Verbo. Ma non temere, il Verbo ci salverà. E' scritto, di questo ne sono certo."
"Ma Maestro", si affrettò ad esclamare Yarki, "non è possibile, fino a pochi giorni fa eravamo due uomini di scienza, di accademia... ed ora... all'improvviso... ?"
"Noi siamo quello che vuole il Verbo. Ora. Di questo ne sono certo", ansimò lentamente le ultime parole, chiuse gli occhi ed inspirò con tutta la forza che aveva. Poi riprese: "Yarki, ancora pochi giorni e saremo nella residenza dei Messaggeri del Verbo, la nostra residenza... nessun errore è permesso, ricorda la disciplina, e pensa solo alla Regola. So che non sbaglierai, di questo ne sono certo. Ora va'... riposa e prega per la salvezza dei mondi". Fece un cenno con la mano, in direzione della porta, richiuse gli occhi ed iniziò a pregare tra sè e sè.
Yarki uscì in silenzio, il capo chino, le mani giunte in grembo, e scomparve pregando.
Appena Yarki uscì, Fyodor estrasse il ricevitore, digitò frettolosamente un messaggio di poche parole sul display, attese la conferma di invio... Un sorriso enigmatico si stagliò sul suo viso avvolto dall'ombra della stanza. Riprese a pregare...

Sunday, November 07, 2010

Original sin - 20

"... e dopo l'inferno di fuoco vennero le tenebre sui mondi conosciuti... sul primo mondo scese uno scudo di buio, l'unico calore rimasto, quello della lava, non bastò a riscaldare la vita degli uomini, trasformati in bestie dalla sofferenza e dalla malattia... un solo gruppo si salvò per l'eternità, e solo l'uomo bianco avrebbe aperto le porte della risurrezione..."


"... l'uomo bianco formulerà l'enigma... e l'uomo bianco lo risolverà..."


"Peter, Georgyu, è tempo di riunire il Gran Consiglio. Convocate i Gerarchi, Clémence ha importanti comunicazioni".


"Sarà fatto, Clémence", risposero all'unisono Peter e Georgyu.


Clémence scomparve senza lasciare traccia di sè, così come aveva fatto ingresso nella sala della Meditazione. I due Sacerdoti non si erano accorti da dove arrivasse, nè in quale punto del buio androne la sua figura fosse stata inghiottita. Ogni suo movimento era totalmente silenzioso, la voce acuta e possente, ma melodiosa, parlava sempre di sè in terza persona, ed aveva un carisma eccezionale, unico, che spiegava il motivo per cui era... Clémence.


La Regola voleva che Peter e Georgyu fossero sempre i primi a conoscere i pensieri di Clémence, ma anche che ogni sua decisione definitiva fosse irrevocabile. Peter e Georgyu avevano il diritto di discutere, anche animatamente, sulle decisioni di Clémence, potevano esprimere la loro contrarietà anche con toni duri, ma l'ultima parola spettava sempre e solo a Clémence. Per questo motivo la successione alla morte di Clémence sarebbe stato inevitabilmente un processo complesso e drammatico. Diritto di Clémence era quello del Testamento Ereditario, ossia la possibilità di designare il successore seguendo la prassi della Chiave del Verbo: Clémence possedeva la Chiave Sacra, l'unica che poteva aprire lo Scrigno di Almathea. La chiave veniva portata al collo da Clémence, ma nessuno, tranne Peter e Georgyu, l'aveva mai veduta. Si diceva che Clémence avesse già designato il suo successore, consegnandogli la chiave in segreto, ma nessuno ne aveva ancora realmente avuto prova.


"E' in arrivo un periodo di grande fatica, di terrore, Georgyu. Lo sento in sottofondo, e non vorrei sbagliarmi... Tu che sei più saggio ed hai maggiore esperienza, cosa senti?", disse Peter.


"Io sento in sottofondo solo il canto di Clémence provenire dalle sue stanze... Peter. Non ci è dato di capire, dobbiamo solo agire, ed attenerci ai fatti, a ciò che abbiamo davanti agli occhi. Le sensazioni non portano da nessuna parte, se non al declino. Le Scritture Terrestri di 4000 anni fa... ricordi cosa dicevano del Peccato Originale? La tentazione, ciò che ha diviso l'Uomo da Dio e per questo lo ha reso mortale... L'uomo volle disobbedire alle Regole di Dio, e decidere da solo cosa è Bene e cosa è Male... Ecco, a questo, Peter, non dovremo mai cedere. I tuoi dubbi... sei giovane, hai ancora molte cose da imparare, ma tu... sei Peter, e questa è la Regola", disse puntando due dita sulla propria tempia. "...e su questa Regola nascerà la nostra Organizzazione... e la Regola non dovrà mai essere infranta. Vado a convocare gli altri Sacerdoti, tu occupati della sala. Clémence ci illuminerà tra pochi istanti..."


Georgyu scomparve nel buio, come poco prima aveva fatto Clémence. In lontananza si udivano le note maestose dell'organo e la voce di Clémence intonata in un canto propiziatorio alla meditazione del Gran Consiglio.


Un pensiero balenò nella mente di Peter: "Dio..."

Wednesday, October 13, 2010

Live and let die - 19

Jupiter era stato tra i primi pianeti del Sistema Solare I ad essere colonizzato. In verità i primi tentativi risalgono agli ultimi anni dell'Era Terrestre, quando l'Impero Americano tentò affannosamente di recuperare i ritardi accumulati nei confronti dell'Unione Europea e della Federazione Asiatica, ormai tecnologicamente superiori in ogni campo: l'Imperatore George S. XXI della dinastia dei Butler nel 2950 lanciò una campagna di raccolta fondi senza precedenti e riuscì, grazie alla sua abilità dialettica ed al bell'aspetto, a convincere numerosi magnati dell'economia americana a finanziare le operazioni di ricerca su Jupiter; fu costituito il Jupiter Colonization Fund e furono spesi almeno 500 trilioni di dollari per missioni che nell'arco di quindici anni non portarono a nulla, se non all'orlo della bancarotta per l'intero Impero. Fu un fiasco colossale e con la Grande Crisi del 2964 l'economia americana arrivò al tracollo: centinaia di milioni di americani non poterono più onorare alcun debito, persino i più modesti e il sistema bancario crollò sotto l'onda delle speculazioni provenienti da Unione Europea e Federazione Asiatica perdendo ogni controllo sulla finanza centralizzata dell'Impero; il governo tentò più volte di rifinanziare le proprie casse svendendo a prezzi da fallimento centinaia di proprietà ai governi esteri, che aumentarono sempre più la loro presenza in terra americana.
Nel 2965, alla morte di George S. XXI il comando passò al figlio Nicholas K. XXII, gravemente malato di DAD, che investì le sue ultime forze ed i pochi fondi rimasti nelle casse imperiali per alcune grosse operazioni di ricerca sul vaccino, miseramente fallite anch'esse, soprattutto per la ristrettezza di mezzi e denaro. Con la morte di Nicholas K. XXII lo scettro passò a William J. XXIII, che tentò l'ultimo disperato salvataggio delle Americhe, cercando di avviare una nuova epoca, basata sulla politica della fratellanza tra i vari casati e famiglie della nobiltà americana, radicate da secoli nel governo delle regioni locali. Ma naturalmente non riuscì nell'intento di quella che lui stesso chiamava la "Rinascita del Nuovo Mondo Americano", per via delle continue lotte, scaramucce e guerre interne alla nobiltà per il potere e la conquista delle terre. In questo scenario le lotte tra baronati non portarono ad altro che al degrado continuo dei rapporti politici interni, e di conseguenza all'indebolimento dell'interno sistema centrale dell'Impero. Il resto della storia è ben noto...


Nell'anno 1971 PS, Era del Mandorlo, Jupiter aveva ormai raggiunto i centocinquanta milioni di abitanti: più del novanta percento di essi viveva nel distretto del plutonio e si dedicava all'estrazione forzata di questo elemento vitale per l'alimentazione dei trasporti interplanetari. Gli estrattori - e tutte le loro famiglie - vivevano in realtà all'interno delle città sotterranee sui satelliti di Jupiter, in condizioni molto disagiate a causa della carenza di atmosfera naturale ed in presenza dell'atmosfera artificiale; il Comitato, per tenere bassi i costi dell'estrazione, riproduceva solo nelle funzioni essenziali le caratteristiche dell'atmosfera adatta alla vita umana, permettendo quindi il proliferare di malattie respiratorie e cardio-circolatorie che riducevano sensibilmente la speranza di vita e la durata media in quelle zone calava drasticamente attorno ai 75 anni, quando in qualunque altra zona dei Mondi Conosciuti si attestava tra i 140 ed i 150 anni. Ma la malattia più diffusa in quelle terre era la DAD, in una variante molto più rallentata nella manifestazione dei sintomi, ma altrettanto grave, dolorosa ed alla fin fine altrettanto letale. Il percorso della malattia era lo stesso della versione più diffusa, ma si diluiva nell'arco di decine di anni: i primi sintomi potevano manifestarsi anche durante l'infanzia, la morte avveniva a distanza di quattro o cinque decenni, e nel progredire della malattia si verificava gradualmente - ma molto lentamente - la degenerazione totale delle dita di mani e piedi. Chi era fortunato da non esserne colpito poteva vantare maggiori diritti nella società, ma chi invece ne subiva il contagio non aveva alcun diritto di medicazione finanziata, nè tantomeno diritto alla sostituzione digitale, come invece avveniva - secondo regole ben definite - per la maggioranza del Popolo Sovrano. Per questo motivo gli abitanti delle terre del distretto di Jupiter erano denominati "Rinnegati".
Fu proprio in questi ambienti, dove la sofferenza e la fortuna erano lasciate al caso - o al Fato, come sostenevano alcuni - che si svilupparono, a cavallo del primo Millennio PS, tra l'Era di Eris (841-900 PS) e l'Era dell'Albicocco (1081-1140 PS), le basi della dottrina su cui crebbe la Comunità dei Messaggeri del Verbo.
In quasi mille anni la Comunità ebbe modo e tempo di organizzarsi, costruendo una potente comunità attorno alle principali credenze popolari, rielaborate tramandando usi, costumi e abitudini mistiche. La prima di queste fissava nell'anno 1981 PS l'inizio dell'Era della Morte. Tra il 961 PS ed il 1020 PS i primi membri della Comunità avevano assegnato il nome di "Era della Vita" al periodo durante il quale si costituì il fulcro della Comunità e vennero definite le basi gerarchiche dell'organizzazione: la nascita dei Messaggeri del Verbo.


Clemente era il Supremo, Piotr e Gyorgy i due Vicari Operativi, mentre Hans, Vinh, Jude, Jean e Anish i cinque Gerarchi Superiori. Questi i primi tre livelli dell'organizzazione, i cui nomi erano stabili e fissi: alla morte di ciascuno di essi, il successore, scelto per acclamazione, prendeva lo stesso nome del predecessore. Nessun altro carattere distintivo, a parte l'aspetto fisico, serviva per distinguere ognuno di loro dai predecessori.
Sotto al terzo livello venivano coordinati cinquanta Gerarchi Inferiori, cinquecento Colonnelli del Verbo, cinquantamila Soldati del Verbo ed infine il Plotone della Salvezza.
L'organizzazione passò nei secoli attraverso momenti di potere di fatto riconosciuto dal Comitato, che permetteva dunque l'autogoverno delle province di Jupiter da parte dei Messaggeri, a periodi in cui venne messa fuorilegge e per lunghi decenni dovette imparare a nascondersi sotto forma di organizzazione segreta: fu con l'Editto di Argyre Planitia che il Comitato, nel 1800 PS, Era di Makemake, catturò l'intero gruppo di comando e dichiarò fuorilegge l'organizzazione, di fatto obbligando i seguaci a nascondersi per sempre.
Metis, Adrastea, Amalthea e Thebe divennero il rifugio itinerante di Clemente; Io, Europa, Ganymede e Callisto le basi ove i Vicari ed i Gerarchi Superiori stabilirono le loro dimore, mentre Leda, Himalia, Lysithea, Elara, Ananke, Carme, Pasiphae e Sinope i territori remoti dove il resto dell'organizzazione svolgeva le proprie attività.


Il Verbo era l'unica legge per i seguaci dell'organizzazione: una serie di regole tramandate per via orale e mai scritte in alcun libro o dispositivo. Tra la gente del Popolo Sovrano circolavano molte voci sul modo di vivere dei Messaggeri: si diceva avessero abbandonato ogni piacere fisico, si diceva fossero dei pazzi, dei depravati, dei mistici, degli esseri inutili; correvano mille voci diverse sul loro conto, che divennero dapprima leggende, poi miti... Solo un'unica voce era stata confermata ai tempi della cattura del gruppo di comando nel 1800 PS: Clemente ed i suoi sette comandanti furono condannati a morte per fucilazione; di fronte al plotone d'esecuzione il loro ultimo grido all'unisono fu quello che si crede fosse l'inizio del Verbo... "vivi e lascia morire".

Monday, October 04, 2010

True blue - 18

"Focolai di rivoluzioni e sommosse esplodono sempre più frequentemente ai quattro punti cardinali della Terra. Non esiste ormai alcuna regione del pianeta esente dal fascino dei Messaggeri del Verbo, Yarki, e questo mi preoccupa assai. Vivremo momenti molto duri nei prossimi anni, Yarki, di questo ne sono certo. E spero di essere ancora vivo..."
"Maestro Fyodor, non scherzate nemmeno! Noi abbiamo tutti bisogno di Voi, e l'Umanità è quasi pronta. Non saranno pochi anni a cambiare il corso della storia, non è vero?"
"Certo, Yarki, tutto è già stato scritto. Ma nemmeno la fine della mia esistenza cambierebbe il corso della storia, di questo ne sono certo. Sono passati tanti anni, secoli ormai... da quando i primi Virtuosi diedero inizio al Tutto. Ora... siamo quasi pronti... forse...". Fyodor aveva gli occhi ormai spenti dall'età avanzata, ma nonostante i suoi centoventinove anni aveva lo sguardo profondo di chi sa guardare oltre, di chi sa immaginare i movimenti del futuro e le mosse del "nemico". Di chi sa di poter vincere la battaglia di una vita, anzi... di milioni di vite. Alzò l'avambraccio sinistro e, mostrandolo a Yarki, continuò: "Vedi Yarki, nella mia lunga vita mi è stato portato via quasi tutto: le mie dita", e mostrò la mano ricostruita mentre muoveva a scatti le cinque dita... "i miei affetti, i genitori, i figli, la donna che amavo, persino il mio lavoro... ma mai, dico mai sono riusciti a portarmi via l'immaginazione, la fantasia, la speranza, la passione. Di questo ne sono certo". Si fermò all'improvviso, guardando l'infinito, e Yarki notò un luccichio nei suoi occhi, quasi a trattenere le lacrime per aver ricordato i dolori di una vita intera.
"Maestro Fyodor, dovete riposare ora. Ci aspetta un lungo viaggio nelle prossime settimane e dobbiamo essere in forma perfetta. Vi porto la cena, poi devo chiedervi di ritirarvi a riposo. Così impone il vostro regolamento"
"Yarki, domani mattina mi svegli a ore 4, come al solito. Quattro ore di preghiera e canti, poi la sofferenza, elevazione dello spirito, come dicono loro... di questo ne sono certo" - inarcò un sopracciglio con fare sarcastico - "ed infine ancora preghiera e canti. Siamo già sulla buona strada, ma dobbiamo imparare ad essere come loro, Yarki. Non abbiamo nessuna seconda possibilità... di questo ne sono certo. Ti aspetto...", e, indicando col braccio teso verso una direzione indefinita, si diresse lungo il corridoio verso la propria stanza.
Yarki prese la direzione opposta, verso la dispensa del campus. Entrò e rapidamente digitò sul visore della cambusa la sequenza per ordinare pane azzimo e tuberi salati; nel tempo di pochi istanti uno sportello si aprì ed un braccio invisibile porse a Yarki il vassoio, pronto con quella che sarebbe stata la cena del Maestro. Yarki uscì, ripercorse il corridoio fino alla stanza di Fyodor, avvicinò le cinque dita della mano sinistra all'identificatore digitale ed in un istante la porta si aprì: lo trovò già seduto al tavolo, indossava l'abito caratteristico dell'Università di Benghazi, del tipico ed unico colore blu "Verità" che potevano indossare solo i Maestri del suo livello, il più alto possibile in grado nella scala dei Maestri. Gli porse il vassoio senza parlare, sollevò il coperchio trasparente, ed attese. Notò la totale indifferenza di Fyodor nel vedere il contenuto del piatto, e si chiese se lui mai avrebbe imparato a non dare alcuna importanza al cibo ed ai sapori che si trovava in bocca, ed a nutrirsi solo per il sostentamento minimo del suo corpo, come professavano una volta i Messaggeri del Verbo.
Dopo alcuni lunghi istanti nel totale silenzio, con un cenno del capo il Maestro lo congedò, senza proferire parola.
Yarki abbozzò un lievissimo sorriso, si voltò e si diresse verso l'uscita. Appena la porta si aprì davanti a lui, Fyodor lo apostrofò con voce sicura e tuonante: "Yarki... l'Era del Mandorlo si appresta a finire... ma non credere a quello che si dice in giro: l'Era della Morte non inizierà, di questo ne sono certo".
Yarki uscì senza fiatare. "Maestro, ogni parte di me vuole credervi... ma una infinitesima goccia del mio sangue scorre al contrario e sento che vorrebbe credere al Comitato, e al mito dei Messaggeri del Verbo", pensò Yarki mentre si allontanava. Era il 1971 PS.

Friday, September 17, 2010

Mr B - 1, 100, 10000 giorni da ricordare

Non sono mai stato uno che ricorda tutti i compleanni, e gli anniversari in genere. Non amo nemmeno le certezze precostituite, anzi... Non amo quasi nulla di ciò che la maggioranza ama, di solito. Un po' perchè è stato così fin da quando ero piccolo, giovane, ragazzo... un po' perchè quando la maggioranza diventa "massa" di per sè tende a scegliere senza pensare - essendo senza cervello -, mentre io amo pensare... ed un po' ancora perchè mi piace sentirmi diverso dalla maggioranza, lo ammetto.


Comunque oggi è un giorno bello da ricordare, non tanto per questioni romantiche da mettere in mostra (cosa che non farò!), ma perchè mi ricorda un giorno molto bello. E mi ricorda anche quanto la mia vita si sia evoluta, quante cose siano successe da quel lontano giorno di quasi 40 anni fa (quasi 14600 giorni, argh!!!), quando ho messo piede su questo folle pianeta. E quanto mi piaccia vivere, e condividere questa vita complicata. Con te.
















NOTA: questo bel collage è stato realizzato da Ms B
ed io l'ho furtivamente... sottratto.
Spero mi perdoni, è per una giusta causa! :-)





Monday, September 06, 2010

If I ever lose my faith in you - 17

"Phil, stiamo arrivando all'appuntamento... aiutami a trovare l'entrata. Non li ho ricevuti i dettagli, io. Il capo comunica sempre solo con te... comincio a pensare che io a voi servo solo per le mie, diciamo, qualità personali... o mi sbaglio?"
"Non cominciare con questi discorsi, Mike! Non mi pare sia questo il momento per lasciarsi andare all'invidia. O ai sentimentalismi... e ci siamo capiti!", Phil lo guardò con un'occhiata strana, quasi maliziosa, e la mente di Mike per un istante visualizzò Carla. Ma fu subito distolta da lì: "Ecco, rallenta... spegni i fari", riprese Phil. "...e non chiamarlo 'capo'... lo sai che non gli piace affatto sentirsi chiamare così. E neanche a me: lui è 'Signore', e pretende che tutti si rivolgano a lui solo con questa parola, come lui fa con tutti noi, del resto... ricordi?"
Mike diede un lieve colpo al freno manuale sulla console, e la macchina rallentò istantaneamente: una voce arrivò dal computer di bordo all'auricolare di Mike: "25 miglia orarie. conferma?"; Mike confermò sfiorando il centro della console coi pollici, poi con la combinazione di medio e mignolo della mano destra sul contorno illuminato del simbolo dei comandi, diede l'ordine di spegnimento dei fari. La macchina si spense completamente, oscurando tutti i vetri e divenendo, nel buio della strada alberata su cui stavano transitando, praticamente invisibile. Erano le 3 del mattino e pochissimi raggi di luna riuscivano a trasparire tra le fronde. Ed in giro non c'era nessun altro mezzo, o persona.


Il coprifuoco veniva istituito per legge durante ogni periodo pre-elettorale; 180 giorni prima esatti dal giorno dell'Elezione si cominciava con un periodo temporaneo, la Prima Fase: dalle 24 alle 5 di ogni giorno non era possibile muoversi con alcun mezzo elettronico, ma solo a piedi; per i viaggi inter-planetari occorreva un apposito Visto, che doveva essere rilasciato dalle Ambasciate Planetarie della Comunità... e non era affatto facile ottenerlo. Il primo mese funzionava come una sorta di test, al termine del quale il Comitato valutava il livello degli scontri di natura politica, delle problematiche di ordine pubblico, degli atti di terrorismo ed ogni altra situazione "scomoda" si fosse verificata durante la Prima Fase, e decideva se procedere con la Seconda Fase. Era da numerosi decenni che il Comitato la istituiva ogni volta, facendola divenire una prassi d'ufficio.
La Seconda Fase consisteva in un coprifuoco più rigido: nessuno poteva passeggiare fuori dal proprio Circondario tra le 22 e le 7 di ogni giorno, e la stessa regola valeva per i mezzi elettronici. I Visti divenivano praticamente impossibili da ottenere e tutto ciò portava allo svuotamento quasi totale delle strade e dei locali di Svago Certificato: quasi totale poichè ovviamente esistevano alcune eccezioni, ossia tutto il personale del Comitato e degli organi governativi poteva accedere a permessi particolari, rilasciati sempre sotto il controllo del Comitato stesso. E comunque non mancavano mai, ovviamente, i coraggiosi che tentavano di sfuggire alle regole...
La Guardia Nazionale, la Polizia Locale e l'Esercito del Popolo durante i periodi pre-elettorali erano perennemente dispiegati sul territorio a controllare che i trasgressori fossero catturati e puniti secondo la legge. Su tutti i pianeti della Comunità Popolare, non mancavano dunque disordini di ogni tipo e violenza, al termine dei quali ovviamente le forze dell'ordine prevalevano - ed anche molto in fretta, visti i mezzi che avevano a disposizione - per riempire navi di prigionieri che andavano ad affollare gli Stabilimenti di Disciplina, le Carceri del Popolo. Naturalmente questi erano i periodi in cui le forze dell'ordine avevano il maggior volume di lavoro, ed ottenevano incentivi alla paga basati sul numero di prigionieri cosiddetti "di riguardo" per questioni politiche.


"Fermati", gridò Phil con un filo di voce, strozzata per non farsi sentire fuori dalla macchina. "Siamo arrivati: lo vedi il cancello alla nostra destra? Gira piano la macchina, è mimetizzato nella siepe... ecco... così, perfetto. Ora spegni tutto". Mike diede il comando, facendo volteggiare in una frazione di secondo l'indice destro e il pollice sinistro sulla console: il motore si fermò immediatamente, anche se nell'aria non si udì nè si notò alcuna differenza di rumore o altro.
Mike era già alle prese con il suo ricevitore, digitò la sequenza di sblocco e lo schermo si illuminò: il logo del Comitato apparve sovrapposto al simbolo del pianeta su cui si trovavano... Terra. Mike usò contemporaneamente pollice, indice e medio della mano sinistra sul display, disegnandovi sopra un triangolo che allargava i suoi tre vertici rapidissimamente, e la comunicazione partì. Avvicinò il ricevitore alla bocca e vi sussurrò una parola che Mike intuì essere "Signore"... attese qualche istante... dall'altra parte si sentì provenire un rumore simile al forte gracchiare di un allarme, e Mike riprese, questa volta a voce alta: "...siamo fuori... pronti... abbiamo il pacco in consegna... ehm... Signore".
Mike era curioso di conoscere il 'Signore', ma in fondo si sentiva a disagio in questa condizione di inferiorità rispetto a Phil, che, al contrario, sembrava molto sicuro di sè: del resto lui era stato investito dell'incarico, questa volta, mentre a Mike stava toccando una parte secondaria. Cercò di allontanare questi pensieri, l'invidia non fa per noi.... pensò. E cercò di immaginare cosa stesse facendo Carla ora: a quell'ora doveva aver già interrogato il Kaiser e sarebbe dovuta essere a casa, tra le coperte, ad aspettare la sua chiamata. "Carla, dolce Carla... se solo tu sapessi... se mai perdessi la fiducia in te... cosa succederebbe... per fortuna sei al mio fianco, anche in questo momento...".
"Mike... Mikeeeeee... ci sei?! Entriamo, accendi dai!", Phil gli scosse un braccio, come a svegliarlo dal torpore in cui stava entrando. Accese il motore, solite piroette della guida, e fece entrare l'auto attraverso il cancello, che nel frattempo si era aperto, nel viale di accesso: dove stessero entrando Mike non l'aveva ancora capito, ed il buio intorno non lo aiutava affatto. Guidò, con estrema attenzione lungo il viale completamente buio, almeno per dieci minuti, che gli sembrarono interminabili... avanti... avanti... lungo un viale circondato da alberi altissimi dal tronco sottile. Nel frattempo vide Phil armeggiare più volte con il ricevitore, senza riuscire a vedere cosa stesse facendo. Al termine del viale improvvisamente apparve uno spiazzo enorme, una sorta di pista di volo aeroportuale o un grandioso eliporto per navi di grosse dimensioni.
Percorse alcuni metri ed all'improvviso in alto nel cielo si accesero un numero imprecisato di potentissimi fari di illuminazione, come quelli delle piste di volo, appunto... o come quelli delle navi da commercio. L'auto si fermò senza che Mike avesse dato il comando. Phil era tranquillo... del resto aveva organizzato lui la serata, pensò non senza ironia tra sè e sè Mike. Ma ora si accorse che stava arrivando il panico, quel panico che tante volte aveva saputo governare: "...ma dove siamo? perchè sono qui? proprio ora? e Phil che combina sempre con quel ricevitore tra le dita? Phil? mmmm... Phil, mi stai nascondendo qualcosa?". Guardò Phil, che, impassibil,e sembrava stesse aspettando l'arrivo di qualcosa, o di qualcuno.
"Stiamo aspettando il Signore, Phil?", cercò di dire Mike restando il più possibile calmo.
"No, Mike. Il Signore non si mostrerà stasera. Lui non si mostra mai".
"Ma... dunque... che stiamo aspeeeettando... ehm... Phil? Cosa ci facciamo qui? Non dovevamo consegnare... la merce? Ora la consegnamo e ce ne torniamo a casa, vero Phil? Sono questi i programmi...".
"Erano questi, Mike", Phil sorrise.


La mente di Mike era sempre più confusa... Erano? Ed ora quali programmi hai, Phil, pensò Mike, senza riuscire a dire nulla. Per Giove, queste luci mi spaccano gli occhi, che succede? Non vedo nulla fuori dall'auto. Ma sento dei rumori in lontananza... ed anche delle voci, confuse... vedo dei movimenti laggiù... chi c'è là fuori? Si avvicinano... nella luce è impossibile riconoscere quanti sono... ecco... sono vicini, saranno gli incaricati del... Signore... ok... Signori, è pronta la consegna, è qui, dietro di noi... ma... che fanno? quanti sono? è tutto troppo illuminato... tutto bianco... sono... tutti... bianchi... devo... tenere... i nervi... saldiiii...


L'auto si aprì: "Buonasera Signori, e grazie per aver completato la missione..."

Monday, August 23, 2010

Sartorial eloquence - 16

“Gentilissimo Alistair Dromfot, con la presente sono ad ordinarti quanto segue:

n. 20 (venti) abiti come da modello in tuo possesso, colore bianco Luna
n. 20 (venti) paia di guanti come da modello in tuo possesso, colore bianco Luna
n. 20 (venti) paia di scarpe come da modello in tuo possesso, colore bianco Luna

Ti prego di contattarmi con urgenza per confermarmi il prezzo finale e comunicarmi i tempi di consegna, che auspico saranno rapidissimi, come sempre da te assicuratimi.

Sarà mia cura comunicarti l’avvenuto accredito dell’ammontare, comprensivo della solita quota di ringraziamento per il mantenimento della mia privacy e delle informazioni che mi riguardano. So che non importano altre inutili parole con te, ti ringrazio.

Omaggi,
Magnus Gaudius Colonna”

Premette il tasto di invio sul ricevitore ed il messaggio venne recapitato all’istante al destinatario. Appena scomparsa la ricevuta di ritorno che ne confermava l’invio e la ricezione, il suo ricevitore si illuminò della luce rossa che identifica i messaggi di Urgenza Massima: sullo schermo comparvero i dettagli della comunicazione:

“ALLARME LIVELLO 1 – conclave del Comitato indetto con Urgenza Massima: 15 minuti da ora. Presenza obbligatoria, nessun permesso di assenza sarà accordato”.

Essenziale, preciso, rapido, perentorio, il messaggio terminava con i consueti dettagli a corredo, non trascurabili:

“Assenza punita con: espulsione immediata, interdizione a vita da Pubblici Uffici, 20 anni di reclusione in massima sicurezza, seguiti da esilio a vita. I dettagli saranno decisi caso per caso, secondo necessità, dall’Amministrazione Giudiziaria del Comitato”.

Finì di leggere rapidamente, non ebbe nemmeno il tempo di alzarsi dalla scrivania, che il ricevitore suonò nuovamente, questa volta illuminandosi completamente della luce azzurro-verde che indicava i messaggi confidenziali privati. Era la risposta di Dromfot:

“Eminentissimo Magnus Gaudius Colonna,
sono a darti conferma immediata dell’avvenuta presa in carico del tuo ordine per:

n. 20 (venti) abiti come da modello in mio possesso, colore bianco Luna
n. 20 (venti) paia di guanti come da modello in mio possesso, colore bianco Luna
n. 20 (venti) paia di scarpe come da modello in mio possesso, colore bianco Luna

Il prezzo complessivo a te riservato per questo ordine è di 800m (800.000.000,000) di Crediti Interplanetari, da versare secondo le solite coordinate. Data di consegna: 1230/365.

Sono certo apprezzerai l’ennesimo sforzo da me profuso nel rispettare i soliti rapidissimi tempi di consegna che sempre e giustamente richiedi, nonchè la massima qualità dei tessuti che ti assicurerò, nonostante la grave crisi che ha colpito negli ultimi mesi il mercato produttivo dell’houndstooth Donegal su Plutone. Non chiedermi come faccio, so che amerai il risultato, ed è quello che importa. Come sempre, se non sarai soddisfatto, ogni millesimo ti verrà rimborsato immediatamente.

Un’ultimo dettaglio, non meno importante, a conferma della tua preoccupazione, che leggo tra le righe della comunicazione: i modelli che ti riguardano sono al sicuro, come sempre, protetti ed assicurati secondo le clausole definite a suo tempo nel nostro originario accordo; confermo dunque che la tua privacy e le informazioni che ti riguardano non sono mai state divulgate – e nè mai lo saranno - all’esterno del nostro vincolo contrattuale.

Con massima stima ed estremo rispetto,
tuo Alistair Z. Dromfot”

Terminando di leggere la comunicazione, Magnus fece una lieve smorfia con la bocca, il massimo che ci si poteva attendere da lui per descrivere un sorriso di soddisfazione. Capì che i segreti relativi alle sue “appendici” – così usava chiamarle quando parlava a se stesso - erano al sicuro: nessuno al mondo, tranne sua madre, li aveva mai conosciuti. Nessuno doveva sapere di cosa erano la prova... Ripensò a quel giorno in cui piombò su Queen Elizabeth, seguendo la fama di quella dinastia di sarti, e conobbe il grande professionista a cui decise poi di affidare il suo grande mistero. Alle prime impressioni lo trovò goffo, un po’ impacciato, con una lieve balbuzie; durante il primo incontro si sentì trattato quasi come un dio, e Dromfot parlò dei suoi discussi poteri extrasensoriali... Lui approfittò della situazione facendogli credere molto più di quanto in realtà fosse vero. Ma Magnus era sempre stato abilissimo nel lasciare intendere le cose senza mai schierarsi direttamente, lasciando misteri dietro di sè, alimentando le leggende che lo riguardavano, mediando alla perfezione tra la creazione del personaggio mitico e l’uomo comune del Popolo.
Dopo i primi momenti di timidezza di Dromfot, Magnus capì che nemmeno il suo fare serioso ed il suo perenne sguardo accigliato – parti fondamentali del suo carattere – avrebbero potuto fermare od interferire con la voglia di ricchezza e di potere di Dromfot. E non si sbagliò: Dromfot dimostrò un carattere fortissimo e deciso, otteneva tutto ciò che desiderava, si presentava impeccabile ed elegantissimo, grazie alla sua eloquenza sartoriale, ed era stato certamente educato dai genitori, e prima ancora dai predecessori, per generazioni e generazioni, al comando. I numeri del suo impero economico parlavano chiaro.
Lo mise alla prova, e subito riconobbe lo stile di chi – grazie all’avidità – sa mantenere un segreto, capendone la portata: da allora pagò con moneta sonante il silenzio di Dromfot ogni volta che gli piazzava un ordine, ma ne era sempre valsa la pena.

Premette alcuni pulsanti per ordinare il pagamento, poi compose velocemente il messaggio:

“D, grazie. Versamento effettuato: 1M (1.000.000.000,000) CI, solite coordinate. Data di consegna, bene. Luogo di consegna, solito. Ringrazio per le conferme. A presto, MGC”

Spedì ed attese pochi secondi la ricevuta di consegna. Sollevato per l’operazione si alzò, dirigendosi verso il nastro trasportatore che l’avrebbe portato al conclave. Il suo studio era a poche centinaia di metri dalla Sala del Conclave: pensò che sarebbe persino arrivato in anticipo sui tempi previsti e si chiese – sorridendo tra sè – se per chi arrivasse in anticipo ci fosse stato un grandioso premio... viste le gravi penalità per chi fosse stato assente. Ma Magnus il proprio premio lo stava già pregustando da qualche tempo: sapeva che doveva aspettare a lungo, ma la vittoria, alla fine, ci sarebbe stata.

Friday, August 06, 2010

I still haven't found what I'm looking for - 15



"Ecco il mio nuovo amico Philip", disse Hector rivolto ad un ragazzo dalla carnagione olivastra, con gli occhi allegri e leggermente allungati, mentre Phil si stava sedendo al tavolino della caffetteria. "Philip, questo è Michael, il mio compagno di studi. Micheal questo è Philip: l'ho appena catturato", disse sorridendo, "mentre stavamo... ehm... studiando nella sala Ametista, quella di Campi Elettromagnetici. Beh, lui stava studiando, è un ragazzo in gamba... sono io che l'ho disturbato. Ma parliamo di cose serie e si dia inizio alla serata: cosa bevete ragazzi?".
"Piacere, Michael" disse il ragazzo.
Phil rispose timidamente: "Ciao Michael, io sono Philip, Hector ti ha già detto come ci siamo conosciuti", si fermò un istante, come a cercare qualcosa nella mente, poi proseguì: "Io un latte e menta, grazie Hector".
Michael fece un cenno d'intesa verso Hector dicendo sottovoce: "Per me il solito!". E sorrise.
Hector sembrava tutto fuochè uno studente modello, ma qualcosa diceva a Phil che poteva essere uno di quei geni con capacità tecniche nettamente superiori alla media, probabilmente anche un'umanità ed una sensibilità superiori alla media, ma tutte ben nascoste sotto l'esuberanza della gioventù e di un'educazione un po'... spregiudicata. Ma era ancora tutto da conoscere. E Michael aveva la faccia del bravo ragazzo di buona famiglia, ma al tempo stesso si capiva che aveva un'ammirazione per Hector, che rappresentava per lui l'evasione, e comunque una bella amicizia li legava da molto tempo. Sembrava però avere un fondo misterioso negli occhi... li guardò, ma non riuscì a capire cosa nascondevano... Si scosse dai pensieri in libertà, ricordando a se stesso che troppe volte si "faceva dei viaggi" inutilmente, come dicevano i suoi amici, riferendosi alla sua voglia di andare sempre troppo a fondo delle cose, spiegare ogni comportamento in modo logico e razionale, dare una motivazione psicologica ad ogni sensazione e persino ai sentimenti. Vide che Hector stava digitando la prenotazione delle bevande sul suo ricevitore, ed approfittò della sua distrazione per chiedere a Michael: "Tu ed Hector siete compagni di corso? Da quanto tempo vi conoscete? Abitate allo Studentato di Eris III o siete... ehm... di passaggio?". Si fermò all'improvviso, accorgendosi di aver corso un po' troppo, e pensò di aver esagerato con le domande: visto che non aveva mai incontrato Michael prima, sarebbe sembrato invadente a chiedere troppe cose insieme su Hector, pur se indirettamente. Si morse la lingua, in attesa di una reazione.
Michael esitò, ma iniziò a parlare: "Hector ed io stiamo studiando insieme al corso di Riparazioni Genetiche... lo so, non c'entra nulla con i campi elettromagnetici, ma... abbiamo entrambi la stessa passione, la tecnologia. E ci siamo proprio trovati sulla stessa lunghezza d'onda... è proprio il caso di dirlo, vero? Capisci l'umorismo? Eh eh... Ok, scusa, scherzavo... Hector ed io abbiamo un progetto in mente: i nostri studi diciamo, ehm, ufficiali, ci hanno dato uno spunto importante, e gli studi chiamiamoli paralleli... potranno aiutarci a risolvere un grande, grandissimo problema, che affligge l'Umanità". In quell'istante Hector si sedette facendo tremare il tavolino e scosse Michael dalla concentrazione che stava mettendo nel raccontare qualcosa che sembrava tormentarlo. Ma era un ragazzo timido, in fondo, quindi Philip ripetè a se stesso di non dare importanza a quella sorta di imbarazzo di fondo che gli appariva. Un mix tra imbarazzo ed estrema voglia di condivisione...
"Allora ragazzi, siete pronti per un'incursione al Palazzo? Philip, tu sai cos'è il Palazzo, vero?". Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere che non ne aveva la minima idea, e riprese: "Si tratta dell'ufficio di Presidenza del Rettore. Armend Rjebalati, lo conosci? Non importa... lo conoscerai! Allora, beviamoci un altro drink, poi vi porto a vedere la mia ultima invenzione... con cui faremo schiattare di invidia Armend". Philip si chiese se Hector fosse così in confidenza col Rettore da poterlo chiamare per nome... o forse era solo un modo per fare lo spaccone con loro, ed invece non lo aveva mai nemmeno incontrato di persona.

Mah... i suoi dubbi su questa strana coppia crescevano. Non capiva come potessero passare inosservati alla Sicurezza, alla Vigilanza, al personale di controllo... con tutte queste loro strambe idee. Persino nel modo di portare la divisa si poteva scorgere qualche indizio di "anormalità", pensò Philip: Hector aveva scucito i due stemmi del comitato dalla casacca e dai pantaloni, per ricucirli sulle maniche, vicini all'orlo sui polsi, e le scarpe che indossava non erano certamente quelle previste dalla divisa ufficiale, ma sembravano ricalcare un vecchissimo modello di una antica marca terrestre, molto eleganti, quasi tutte bianche e con un piccolo inserto sul calcagno, di colore blu, ma senza alcun nome o stemma. Michael invece indossava la divisa ufficiale, ma era talmente malmessa, consunta e lisa su gomiti, ginocchia, e orli... che assomigliava a quella del personale delle pulizie dell'Accademia. Eppure Michael non sembrava un tipo che trascurasse la cura del proprio corpo... c'era qualcosa sotto, pensò Phil, o forse... era lui che faceva troppo caso a questi dettagli. Sorrise ai due nuovi amici, prese tutto il suo coraggio e disse in un modo spavaldo che non gli apparteneva e lo rese un po' ridicolo: "Ragazzi, io sono pronto! Andiamo a conquistare il Palazzo!".
"Ehi ehi... parla piano", gli disse Hector, improvvisamente serio in volto. "Non stiamo giocando, Philip! Teniamocele per noi queste cose, per ora... poi ti spiegherò. Devo spiegarti tante cose ancora, Phil. Posso chiamarti Phil, amico", e sorrise, di nuovo di buon umore, come quando l'aveva conosciuto poco tempo prima quel giorno.
"Certo. Phil. E lui... è Mike, che ne dite? Originale, vero? Ah ah!". Michael sorrise, nè serio, nè felice del nuovo soprannome. Hector rimase col suo solito sorriso stampato sul volto: "Il mio nome non è adatto ad essere abbreviato... Forse un giorno... chissà... ma non ho ancora trovato un nome che mi si adatti veramente. A dire il vero... non ho ancora trovato quello che cerco, da una vita, da quando ho capito...", ed esitò, pensieroso. Poi riprese il filo del discorso precedente e sottovoce continuò: "Ok, ragazzi... Phil è arruolato ormai... andiamo a conquistare il Palazzo".
Si alzarono tutti e tre insieme, ed attraversarono l'uscita della caffetteria, verso la conquista del Palazzo.

Friday, July 30, 2010

Man in the mirror - 14

“Avanti… Dottoressa, non abbia timore, siamo tutti qui ad aspettare lei... hihi!”.

Carla esitò un istante, i fumi delle droghe che le avevano fatto respirare nell’anticamera iniziavano ad ottenebrarle lievemente la vista, ma la sua forza di volontà e l’esperienza in Gestione delle Crisi, con tutto l’allenamento dei mesi passati nei Campi Segreti di Rinascita, riuscirono a farla restare lucida a sufficienza per sostenere lo sguardo di 10 e di tutti gli altri membri del Comitato che la stavano fissando. Si guardò intorno, non riconobbe nessun volto tra quelli scoperti, mentre riconobbe chiaramente lo stemma del Comitato sugli abiti di tutti i presenti.
Al centro della sala, illuminato da un cono di luce metà azzurra e metà gialla, stava il sottilissimo ripiano degli interrogatori, una specie di lettino sottilissimo, di un materiale semirigido ma in qualche modo malleabile, che prendeva la forma del corpo che ci si posava sopra. Era il tipico ripiano che si trovava nella Sale Operatorie e nelle Sale degli Interrogatori, comodo per muovere il corpo a piacimento durante gli “interventi”, ma anche per poterlo fissare e non farlo muovere di un millimetro, immobilizzando ogni parte del corpo, quasi come se un collante potentissimo vi tenesse bloccato ciò che vi si era adagiato. Il Kaiser!
“Sono onorata di una tale accoglienza e dal numero di ospiti, Signor...” e lasciò volutamente in sospeso la frase, in tono di sfida, come ad esigere di conoscere il nome di colui con cui stava parlando.
“Mi chiami Signore, non chiedo niente di più. Mi accontento di poco, no, Signori? hihihi”, disse 10 rivolgendosi in modo teatrale agli altri presenti, e facendo un inchino goffo dall’alto dei suoi due metri di altezza. “Non c’è bisogno di presentazioni, Dottoressa, lei conosce il Comandante Achilles Caesar, vero?”, ed indicè il lettino.
“Non è esatto, Signore” disse Carla sottolineando il “signore” con tono sarcastico, sorridendo e continuando la sfida verbale con 10. “Conosco il suo nome e la sua fama, nient’altro... Signore”, ed insistette ancora con l’accento sull’ultima parola.
“Ora la smetta di giocare, Dottoressa: lei conosce il Kaiser, non è vero? Si dice persino che sia stata lei a coniare questo nome, il Nome di Battaglia, come dite voi... hihihi! Ma quale battaglia? Voi “combattenti” o come vi chiamate, siete dei miseri microbi in confronto al potere del Comitato. I microbi erano gli organismi più potenti dell’Era Terrestre; miliardi, trilioni, milioni di miliardi di microbi all’interno di un unico essere umano... quando c’erano solo i Terrestri... e riuscivano a decimare intere popolazioni! Poi venne la Degenerazione Atrofica Digitale, Dottoressa: i microbi della DAD, portati dagli asiatici, quelle popolazioni inferiori che vivevano nella sporcizia e nel letame delle loro bestie, hanno tentato di distruggere il resto della popolazione terrestre. Ma non ci sono riusciti. Il grande Bjørnstad capì che gli asiatici erano la causa delle malattie, delle carestie, della decadenza dell’Unione Europea. Ma il genio... trovò il modo di invertire la rotta della Storia, ed usare gli asiatici persino a favore della causa. Quegli sciocchi Americani avevano passato decenni a cercare un antidoto alla DAD, e non capirono mai che quello stesso antidoto lo avevano avuto a portata di mano per anni. Lei, Dottoressa, sa cosa succede quando un Membro del Popolo che ha origini europee si ammala di DAD? E' un medico, lo sa di sicuro... ma le rinfresco un po’ la memoria: dapprima il sistema vascolare inverte la rotta... hihi... e lei di sicuro sa a cosa mi riferisco; il cuore inizia a pompare il sangue arterioso nelle vene, e quello venoso nelle arterie. Incredibile vero? E sa cosa comporta questo? La perdita di coscienza per almeno 24 ore... morte certa se la sindrome non viene calmata con dosi massicce di mexiletina e propafenone durante queste prime 24 ore. Se poi il malcapitato sopravvive, iniziano i problemi alla vista e all’udito: lampi negli occhi, tremori inconsulti, ronzii continui nelle orecchi, che in confronto quelli che sta vivendo lei sono uno scherzo”.
Carla, mentre ascoltava cercando di tenere l’attenzione alta per non cedere agli effetti delle droghe, riconobbe il flusso sanguigno di tutti i presenti: uno dopo l’altro avrebbe potuto isolare ognuno di quei suoni che echeggiavano nella sua testa, ed avrebbe potuto associare ognuno di essi alla persona a cui apparteneva. Ma nel frattempo le sue orecchie ronzavano, effettivamente... 10 continuò: “Dopo qualche settimana di atroci sofferenze, delirio continuo e progressione dei sintomi sempre più insopportabili... viene il... bello... la ciliegia sulla torta, come dicevano i nostri antenati... hihi. Le dita... quegli stupendi 10 strumenti che la Natura ci ha dato per sopravvivere... iniziano a dolere, poi a cambiare colore, a formicolare, sempre di più... Si perde l’uso di tutte le 10 dita, lentamente, ma inesorabilmente. E quando il dolore è ormai insopportabile, arriva la cancrena. Uno dopo l’altro... come rametti morti, si staccano... e cadono!”.
Carla capì che 10 stava usando questi argomenti per terrorizzarla, ma nulla di quanto lui aveva raccontato le fece smuovere minimamente i muscoli facciali, o distogliere l’attenzione dall’obiettivo: “Signore, io sono qui per interrogare il prigioniero, non per avere lezioni di Medicina. Mi permette di procedere in autonomia con le domande, come da protocollo?”.
“No, no e NO!” gridò 10, paonazzo in viso. “Il Comitato non permetterà ad una Sospettata di Alto Tradimento di interrogare un priogioniero, suo stesso complice! I suoi titoli, Dottoressa, non le faranno da scudo... e così nemmeno la stima che è riuscita ad ottenere presso alcune alte sfere...”. Immediatamente gli altri presenti iniziarono a sussurrare tra loro, a gruppi, creando un brusio di fondo che innervosì ulteriormente 10. Ma all’improvviso dal brusio si alzò un grido: “Il prigioniero si muove!”.
L’attenzione di tutti si spostò sul Kaiser: 10 gli si avvicinò, come a sottolineare a tutti che solo lui aveva il potere di vita e di morte; Carla rivolse lentamente lo sguardo al lettino, fingendo scarso interesse, ma drizzando immediatamente le antenne sul flusso sanguigno del Kaiser; gli sguardi di tutti gli altri “ospiti” si rivolsero su di lui, quasi ad attendere un segno del volto, un gesto, una parola.

Ed il Kaiser, con un filo di voce, iniziò a parlare: “Solo l’uomo che guarda se stesso nello specchio della Storia... sa... quel che deve... e quel che... non deve. Il tredicesimo Topo nel Fuoco aprirà l’Era della Morte. Solo un Popolo potrà salvare quel che resta della Vita: saranno uomini, donne, di una stirpe che mai ha imbracciato il fucile contro i suoi simili; saranno uomini, donne, che hanno conosciuto le lacrime e il dolore; saranno uomini e donne che riporteranno la Vita e la Giustizia... di un tempo... Il Poligono della Rinascit…”. Non fece in tempo a concludere la frase che 10, premendo il suo ricevitore, lo zittì violentemente: il materiale plastico del lettino avvolse interamente il viso del Kaiser, bloccandogli la bocca e tutti i muscoli facciali, immobilizzandolo e facendolo piombare in una catalessi profonda.
Carla sentì una serie di aritmie improvvise nel suo flusso, che stava ancora visualizzando e monitorando... poi lentamente il flusso rallentò, sempre più, fino quasi a scomparire. “Così il Comitato non mi permette di svolgere il mio compito, vado immediatamente a fare rapporto” disse rivolta a 10, “...attenderemo l’esito della decisione Giudiziaria e l’interrogatorio verrà rimandato”, tentò come ultima speranza per salvare il Kaiser.

Un suono scaturì all’improvviso dal ricevitore di 10, che, non appena vide chi lo stava contattando, si ricompose. Premette il pulsante per la comunicazione verbale e dichiarò: “10, a rapporto”. Premette nuovamente il ricevitore ed il Kaiser venne liberato completamente dal lettino. “Signori, lo spettacolo è finito. Guardie, la Dottoressa ed il Kaiser vanno al livello -1. Celle separate, isolamento. Dottoressa”, disse rivolgendosi a Carla in tono quasi calmo, “a tempo debito potrà fare tutti gli esposti che vorrà, ma ora lei è prigioniera. Buona fortuna... hihihihi”.

Monday, July 26, 2010

Mr B - Pater et filius

Quattro anni, e non ci sei più. Te ne sei andato in un giorno torrido, attorno alle otto e mezzo di sera. Estate, c'era ancora la luce del tramonto, mentre le cicale cantavano tutto il santo giorno sugli alberi, e per tanti giorni non le avevo nemmeno notate. Poi le ho odiate, pensando a quei giorni senza inizio nè fine per te, recluso in quel luogo senza tempo, senza ritorno... E alla fine ho imparato ad accettarle, quasi mi ci ero affezionato. Incredibile. Oggi, da tanti giorni, le stesse cicale continuano a cantare sotto la mia casa, mentre scrivo, mentre penso, mentre vivo.


Alla fine ho accettato le cicale, dicevo. Penso spesso alla fine: è un concetto che non mi appartiene, che non capisco, che non vorrei accettare proprio in nessun modo. Per me le cose della vita accadono, vanno, vengono, come le nuvole nel cielo. Un po' come se la vita fosse un dato di fatto. Le nuvole, come le cose della vita, si formano ed "iniziano" per caso, ce ne sono sempre (almeno nel mio cielo ideale, che non è quello tipicamente italico estivo), si scontrano, si sovrappongono, scompaiono senza che io me ne accorga. Ma ce ne sono sempre altre, pronte ad arrivare, a ripartire, a tenerti allenato.


Poi arrivano i temporali, che ti allontanano per un po' dall'azzurro del cielo, ma non dal cielo, quello c'è sempre, là sotto (o là sopra, dipende dai punti di vista). I temporali che squarciano il cielo, e spazzano via le nuvole, le scuotono, le rivoltano in tutti i modi. Ed è come quando ci si vedeva meno, per via della vita, del lavoro, degli eventi che scorrevano senza che ce ne accorgessimo. Ma c'era poi sempre il momento in cui le nuvolette tornavano allegre, e tornava il cielo azzurro. E si tornava insieme, per poche ore: una cena improvvisata sui colli, un pranzo domenicale nell'amata casa, due chiacchiere al telefono parlando del più e del meno, o delle ultime uscite di Andreotti. Che tempi, che temporali. Che belle dolci schiarite! Alla fine (che non c'era, appunto), tu c'eri sempre... sapevo che potevo contare su di te, sul tuo caratterino, sul tuo sorriso, sulla tua voce, sul tuo affetto non detto, ma dimostrato. Sulla tua dolcezza, che mi hai insegnato, e sulle tue poche e semplici parole di conforto. Tante volte anche solo di distrazione.


Odio la fine, e non so se questo "esperimento" l'avrà. O forse... proprio la Storia mi insegnerà che la fine non c'è mai - come ho sempre pensato, e sperato - e quindi siamo solo noi che la vediamo, anzi la vogliamo vedere, come per confermare a noi stessi che non ne siamo parte, finchè siamo vivi.


Mi piace illudermi di sapere come avresti letto questo "esperimento", mi sembra di sentire i tuoi commenti, la voce pacata. Mi illudo che ti sarebbe piaciuto molto scoprirlo, leggerlo, discuterne: magari avresti detto sorridendo che ho "preso spunto qua e là" (per non dire "copiato", certo!), "come del resto fanno un po' tutti... se scrive libri Bruno Vespa!!!", che è "un'idea originale", che "alla fine, dopo tanto lavorare coi computer, guarda un po' che sorpresa!"...


Sono certo che i miei ricordi di te nessuno mai potrà togliermeli, per questo la fine di te è un po' meno amara: tutto questo è un piccolissimo omaggio che ti faccio, che rimarrà nella rete per chissà quanti decenni. Quella rete che avevi imparato ad usare, in cui io sono cresciuto, dove tutto scorre senza pietà.


Magari quando il mio "esperimento" diventerà un romanzo di carta (alla faccia dell'iPad e degli e-book!), e ne terrò una copia per te, da portarti, prima o poi.


O magari mi sorprenderai, e verrai a prenderla tu, portandoci qualche buona notizia da laggiù. Quel che è certo, è che ti stai godendo i miei amati cieli, i bei paesaggi di montagna che abbiamo condiviso negli ultimi anni, la calma e il riposo che non hai avuto negli ultimi mesi.


E il tuo sorriso dolce è e sarà sempre con me. Papà.

Thursday, July 22, 2010

Wish you were here - 13

Josh stava rientrando verso casa, dopo la giornata di studio. Era stata una giornata come tante altre, illuminata da quella luce bianca del sole quando è offuscato da una patina di nubi, gas e afa che rendono la temperatura insopportabile, la luce troppo forte per gli occhi, specie per il riflesso sulle superfici chiare degli edifici. Non aveva mai amato il sole Josh, anche perchè non l'aveva mai visto veramente: sapeva che una volta il cielo era blu, il sole appariva nettamente nel mezzo del cielo, quando era giorno, ed il giorno era ben distinto dalla notte. Ma erano solo storie, di un passato lontanissimo... nemmeno suo padre, nè i suoi nonni, o i nonni dei nonni avevano mai visto il sole che si raccontava nelle storie per dormire.
Eppure Josh sentiva spesso raccontare da suo padre che prima o poi il sole sarebbe tornato a splendere nel cielo, e la "Nuova Era" avrebbe riportato la vita di un tempo. Che mai sarà stata la vita di un tempo... anzi, la "bella vita di un tempo", diceva papà...
E mentre questi pensieri gli frullavano per la testa, all'improvviso gli apparirono davanti tre suoi compagni di scuola: Terenç, Marcus e Guillermo, il gruppetto che tutti chiamavano "Tempesta", perchè ogni volta che c'erano di mezzo loro - tutti e tre insieme - arrivava qualche problema.
"Ecco il nostro compagno asiatico", disse Marcus in tono di sfida, ed intonò una cantilena: "Josh è un asiatico, Josh è un asiaticooooo...".
"Josh non solo è un asiatico, ma è fiero di esserlo", rimarcò Terenç. "Ahahah... vi rendete conto? Devi essere matto Joshua, gli asiatici sono sempre stati inferiori, sporchi, brutti, ladri. Per questo vanno puniti. Che ne dite ragazzi, gli diamo una lezione all'asiatico? Ahahahah!"
Josh non accettò la sfida, rimase con gli occhi puntati sulle punte dei piedi, accelerò il passo, si scansò dal gruppetto, strinse i denti e sperò che la smettessero. Ma a quel punto Terenç lo strattonò, tirandolo per lo zaino; lo fece sbilanciare all'indietro e Josh crollò all'indietro, gambe all'aria.
"Ahahahah", gridarono tutti e tre, e mentre ridevano lo colpivano con calci e pugni. Josh si divincolò, ma un calcio lo colpì violentemente alla mascella e lo stordì, al punto che si sentì svenire.
Mentre i tre vigliacchi continuavano a colpirlo, Josh pensava a suo padre e alle sue parole sull'uguaglianza tra le persone: "non è giusto e non è possibile", diceva, "che le persone pensino tutte allo stesso modo; le persone sono tutte uguali davanti alla legge, anche se la pensano diversamente una dall'altra". Il suo ultimo pensiero fu: "ma perchè io devo essere uguale a Terenç, Marcus e Guillermo? Papà, perchè mi hai illuso? Perchè non ci sei? Come vorrei che fossi qui, ora, a darmi forza e a difendermi!".
"Fermi, o chiamo la Guardia Municipale!", intimò all'improvviso una voce. Josh alzò gli occhi, annebbiati dal dolore e dalla luce potente. Hana...
Il gruppetto capì di essere nei guai, e con uno sguardo d'intesa i tre ragazzi si capirono al volo, e se la diedero a gambe levate, scomparendo tra i cespugli del parco del campus.
"Josh, che è successo? Ti hanno fatto male, ti porto io a casa, ora... è tutto finito". Hana lo caricò sulla sua biposto ed arrivarono in pochi minuti a casa, seguendo le indicazioni di Josh.
Hana premette il pulsante di richiamo alla porta della casa monofamiliare a cui erano arrivati. Mike aprì la porta, vide il volto di Josh tumefatto da pugni e calci, gli corse incontro e lo abbracciò forte: "Cosa ti hanno fatto? Chi è stato?".
"Mike, suo figlio ha bisogno di lei. Non gli racconti più quelle storie, altrimenti rischia grosso. Non adesso almeno, non si faccia sentire, ci vada piano! Suo figlio è molto intelligente, ed anche troppo sensibile. Non riesce a trattenere i propri pensieri, e sappiamo tutti come in questo mondo... ehm... ciò non sia possibile". Si fermò un istante, e riprese: "Certo, è possibile, ma molto costoso. Ci siamo capiti, Mike. Abbiate cura di lui... come ne sto avendo io... ed abbiate cura di voi". Abbassò gli occhi, e sottovoce sussurrò: "Paç fat!".